
Foto di Neal1960
Sì, forse questa volta potremo dire di aver cambiato pagina. Barack Obama: è lui il nuovo Mr. President. Uno che guarda al futuro, lo osserva con speranza, ricoprendolo di possibilità e non di paure. Non l'antidoto a tutti i mali, certo. Però la sua elezione ha scatenato un'ondata di gioia incontenibile, che ha superato gli oceani, che è stata vissuta da come un evento che riguardava tutti. Nessuno escluso.
Ecco, proprio su questo mi vorrei soffermare. Non tanto sull'importanza dell'evento in quanto tale. Mi ha impressionato, come dicevo, il carico di emozioni che ha accompagnato l'attesa dei primi risultati. Elettrizzante e commovente l'esplosione di felicità (ma non era felicità, era qualcosa di più, qualcosa che non riesco a dire), quel boato che ha percorso tutto il mondo quando si era iniziato a capire che ce l'aveva fatta.
Sono cose che noi, in questo lacerato paese, non abbiamo mai visto. Non in tempi moderni, né l'altroieri né mai. Sì, perché qui da noi ha vinto per tre volte uno che ha raccolto voti (e a milioni, per di più) fra i disinteressati, i miopi, gli impauriti. Fra i politicamente periferici: gente che non crede in un progetto più ampio. Si mobilita in vista delle elezioni e poi addio.
Ecco perché da noi non ci sono state feste, cortei, canti di giubilo, caroselli quando ha vinto: perché, pur essendo soddisfatti, la cosa non ha toccato gli elettori più di tanto.
In America, invece, la mobilitazione è stata grande, grandissima. C'è stata felicità perché aveva vinto un progetto, un sogno, uno sguardo rivolto al domani. E chi ha votato ci ha creduto davvero.
Avete presente quando abbiamo vinto i mondiali? Ecco: la stessa cosa è accaduto questa notte, ma molto più in grande, nella lunga notte americana. Dove al mattino, dicevo all'inizio, ci si è svegliati con la consapevolezza di aver voltato pagina. Arriverà mai anche da noi un mattino così bello?
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