giovedì 3 gennaio 2008

Ritorno al passato


Continuo sul solco tracciato dal post di ieri per ampliare leggermente l'argomento.
Nel ripensare a questo "galleggiare" tra voglia di conoscere e paura per ciò che ci è estraneo, è sorta in me questa domanda: se è vero che siamo una società continuamente proiettata nel futuro, allora come mai sempre più spesso c'è necessità di riassaporare qualcosa che viene dal passato per incardinarlo nel nostro presente?
Mi spiego meglio: ci siamo spinti così in avanti che forse un po' ci siamo persi, ed allora sentiamo quasi il bisogno di fare un percorso a ritroso. Giusto per ritrovare qualcosa che, mentre eravamo presi dalla corsa verso il futuro, avevamo perso per strada.
"Andava meglio quando andava peggio", dice il luogo comune. Non sono del tutto d'accordo, ma di certo in quel "peggio" c'è qualcosa che ci vogliamo portare dietro.
Chi più, chi meno, un po' tutti soffriamo di una malattia molto rara: la nostalgia. Malattia per la quale non c'è medicina. Ma c'è chi può fare qualcosa per alleviarla: il mercato. Il mercato può studiare la nostalgia e proporre una cura tutta sua.
Solo così si spiega il perché della riscoperta di certi oggetti che popolavano la nostra quotidianità, vecchi film, cose, sensazioni, sapori ormai dimenticati. Ultimo esempio di questo processo: il grande successo che sta riscuotendo la nuova 500 della Fiat.
Credo che ci sia una certa logica in tutto questo: in una civiltà che vuole il progresso ma che in qualche modo si è smarrita (e dunque ha paura), ecco che si sente la necessità di prendere qualcosa dal passato e, come detto, portarlo nel presente.
Perché c'è stato un periodo in cui tutto sembrava un piccolo miracolo. Oggi è tutto frammentato, veloce, immateriale. E forse c'è bisogno, in qualche modo, di fare ritorno al passato.

P.S.: su questo tema, una lettura molto interessante è "Memoria e comunicazione" di Roberta Bartoletti, libro edito da Franco Angeli.

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