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Credo che pian piano, a piccoli passi, stiamo tentando di toccare il fondo. Anzi, di andare sotto il fondo. L'impressione mi sorge da una notizia di attualità: la decisione, da parte dell'Agenzia delle Entrate, di pubblicare sul proprio sito internet i redditi degli italiani.
Io non ne capisco molto, sono ancora "periferico" rispetto a fatti come questi, non saprei in definitiva dire se è stata una mossa saggia o una porcata. Non so, non mi pronuncio.
Ma un fatto come questo dà modo di riflettere, di guardare un po' più da vicino il nostro modo di fare e le nostre reazioni: premettendo che tutti i dati riguardanti i redditi sono pubblici ed alla luce del sole, prima si è deciso di mettere tutto on-line salvo poi fare dietro-front perché poi i dati sarebbero diventati ingovernabili. Il sito in questione ha immediatamente rimosso le documentazioni riguardanti i redditi. Peccato però che non avevano pensato ad e-mule: lì i dati circolano liberamente, non puoi bloccarli. Allora si è arrivati a dire che, essendo il possesso degli stessi un reato contro la privacy, si rischiavano pene severe per coloro i quali fossero stati trovati coi file delle dichiarazioni 740 di Tizio, Caio e Sempronio.
Un pasticcio infinito. Un turbinio di incomprensioni, malintesi, voci, smentite che non ha fatto altre che generare un sentimento cui noi italiani siamo ormai affezionati: l'immobilismo. Quell'idea che, sotto sotto, porta a pensare che tanto tutto va male, che non si riesce mai a fare le cose come andrebbero fatte, che all'estero queste cose non succedono e bla bla bla...
Impreparati. A tutto. Ecco cosa siamo: degli eterni impreparati. Nessuno sa cosa fare, nessuno sa come venirne fuori. Tutti blaterano a gran voce ma in pochi fanno qualcosa.
Ma, dico io: se questi dati sono pubblici, reperibili nelle Agenzie, perché metterli "anche" on-line? E, sempre se sono pubblici, allora perché possederli sul proprio computer è da considerarsi un reato? E soprattutto, perché siamo così pericolosamente ficcanaso? Perché documenti come questi finiscono puntualmente nelle mani sbagliate? Perché si urla all'insurrezione contro Visco, quando questi non c'entra niente? Quali sono i danni che lo Stato dovrebbe risarcire?
Quando scoperchiamo certe pentole, solitamente noi italiani non facciamo mancare ampi strascichi polemici in seguito all'apertura stessa. La pentola continua a bollire, tutti parlano, nessuno sa cosa farne. Ecco perché siamo impreparati.
1 commento:
Nella pagina delle lettere di Repubblica di martedì 6 maggio 2008 ho trovato questa interessantissima considerazione fornita da un lettore...
Redditi on-line, non c'è nessuna violazione di legge
Giancarlo Ferrero,
Torino
Pur avendo, da magistrato, il gusto per le sottigliezze giuridiche non sono in grado di capire le ragioni delle ripercussioni penali legate alla pubblicazione "online" dei redditi. Da molti anni, prima che ci fosse il garante della privacy, ma anche dopo, ho visto pubblicati i miei redditi e quelli di altri collegi magistrati; nessuno ha mai sollevato problema di sorta.
Come è noto le dichiarazioni dei redditi sono pubbliche. Non si tratta di "dati sensibili" che non è consentito divulgare. La legge in proposito è molto chiara (art. 167, legge n. 196 del 2003): "Salvo che il fatto costituisca grave reato, chiunque al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali... è punito se il fatto deriva nocumento".
Ora, anche se Visco può non meritare l'oscar della simpatia, è ben difficile pensare che attraverso la pubblicazione dei redditi abbia voluto recare danno ai contribuenti (quali poi?). La pubblicazione informatica dei redditi rientra nelle competenze del dirigente dell'Agenzia delle Entrate, avendo natura amministrativa e non politica, quindi difficilmente si può far risalire al ministro la responsabilità. Per chi, come il sottoscritto, è stato per anni alla guida dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato per il Piemonte ed è membro della Commissione Centrale Tributaria, quanto sta accadendo lascia più scandalizzato che colpito, mentre lascia perplesso che una Procura della Repubblica avvi d'ufficio un processo penale dalle inevitabili lunghe e costose implicazioni.
Per quanto riguarda l'intento del Codacons di promuovere un'azione (class action) per far condannare lo Stato e distribuirne poi il ricavato ai contribuenti, posso solo diffidarli dall'agire anche a mio nome. Ritengo ancora la giustizia una cosa seria e per aversi una condanna al risarcimento dei danni occorre prima provare che è stato violato un diritto soggettivo (quale?), che la violazione costituisca un illecito (quale?) e che vi sia un danno subito dal titolare del diritto (quale?).
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