lunedì 22 settembre 2008

Se nessuno parla di cose meravigliose


Foto di Ibleo
In un suo articolo, non molto tempo fa, Ilvo Diamanti tentava di "isolare" e descrivere una caratteristica poco invidiabile della nostra società. Una sensazione diffusa che non ci permette di crescere ed anzi, peggio, ci immobilizza. La definiva "insicurezza per default": aleggia un senso di instabilità tale che neppure ce ne rendiamo più conto. La paura e il fatalismo come elementi costitutivi della nostra cultura. Un'analisi triste, ma tremendamente veritiera.
Un malessere sottile, quasi invisibile eppure a tempo stesso ampio e diffuso che merita di esser studiato da vicino: mi piacerebbe capire da dove nasce, come si è sviluppato, quanto realmente condiziona la nostra esistenza.
Provo a dare una risposta mia, prendendo spunto dal titolo di un libro: il fatto è che nessuno parla più di cose meravigliose. I media ci hanno abituati a fatti "anormali", che meritano di essere raccontati proprio perché sono altro rispetto al normale scorrere della vita: è la crisi ciò che interessa, ciò che esula dalla normalità. Le cose semplici, genuine, quelle sempre uguali a loro stesse non interessano né fanno notizia.
E' così che crolla l'inventiva, la voglia di fare, di sperimentare, di guardare con positività a ciò che si ha intorno. Se la percezione è quella di un mondo visto come la parte mezza vuota del bicchiere, crescere sarà difficile per tutti. Sia per i singoli quanto per le comunità.
Meglio allora vivere in un mondo ridanciano, frivolo, sin troppo spensierato? No, non mi auguro neppure questo. La giusta misura, come sempre, sta nel mezzo: vorrei solo che la nostra società, io, tutti si sia in grado di dare il giusto peso alle cose. Tornando a gioire quando intorno a noi ce ne sono di meravigliose.

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