lunedì 10 novembre 2008

Futuro


Foto di Odoreth_99
Mi ricollego ad un tema appena sfiorato nei post precedenti. Il futuro: ce ne sarà uno degno di essere vissuto? Quale sarà? Come sarà?
E' ovvio:" ciò-che-deve-ancora-accadere" è intellegibile per sua natura e non intendo certo mettermi a scrutare una sfera di cristallo per riuscire ad anticiparlo. Non posso prevederlo, ma posso sommariamente tracciarne i contorni con l'immaginazione: ahimé, si tratta di contorni pesantemente sfumati da una folta coltre di sfiducia.
Una sensazione voltatile, passeggera, non tangibile. Eppure presente. Basti pensare ad un semplice dato: se fino a pochi anni fa era visto come sinonimo di "miglioramento" o di "opportunità", ora "futuro" è diventata una parolaccia. Un concetto che non stuzzica più la fantasia, che non è in grado di aprire scenari nuovi, da esplorare con fiducia. Siamo come rattrappiti, tutti o quasi, nell'oggi ed in ciò che è concreto.
"Non esiste più il futuro di una volta": una bella formuletta che sta iniziando a prender piede e a diventare un nuovo motto retorico. Grossolano, forse, ma è così. Un giudizio tagliente ma vero. Desolatamente vero. La mia è la prima generazione da molti decenni a questa parte a non riuscire a sperare in un futuro migliore rispetto a quello conquistato dai propri genitori. I primi a vivere nell'epoca dell'iper-comunicatività, in cui tutti sanno tutto di tutti. Ma dove sono carenti le belle notizie, le storie che danno speranza.
Come dicevo qualche post fa, credo che Obama (pur non essendo un Messia, come molti lo hanno stereotipato) sia stato uno dei pochi uomini politici a mettersi di fronte ad un discorso come questo e a rovesciarlo. A cambiarne le parole, i termini. Iniziando a disegnarne contorni nuovi. In cui il futuro posso tornare ad essere una cosa bella.
Si torna a "sperare nella speranza" e non nella paura. E' un buon segno. O no?

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