lunedì 31 marzo 2008

Una certa idea di giustizia


Foto di sl4sh79
Sono poche le persone che hanno saputo dare tanto a questo malandato paese. Di queste, credo di conoscerne a fondo solo una ristretta percentuale. In questa piccola cerchia figura un uomo talmente immenso che non riuscirei a tratteggiarlo con una manciata di aggettivi. Basta il nome. Indro Montanelli.
Non è mia intenzione ripercorrere le tappe della sua ricchissima esistenza (per altro ottimamente raccontata in uno splendido libro di Marco Travaglio, intitolato "Montanelli e il Cavaliere"), bensì usare un suo pensiero per riallacciarmi al discorso sull'etica che tentavo di ampliare nel post precedente.
Quella difficoltà a provare vergogna, quell'andare avanti impunemente e a testa alta, quella strafottenza di chi la fa sempre franca forse hanno una radice comune: una giustizia, quella italiana, che non funziona. Non funziona per una serie di cause che è inutile elencare. Tra queste, io ci vedo anche l'incapacità di ricercare ciò che è giusto, ciò che è corretto. Non per l'imputato, ma per l'intera collettività: i singoli, a volte, riescono a svignarsela mentre la società intera, quasi sempre, ci rimette e s'indigna.
Non sarei stato capace di trovare parole più esatte di quelle di Montanelli. Parole che ho trovato nel libro citato poc'anzi. Si tratta di una risposta parecchio piccata che questi, nel pieno dell'esplosione di Mani pulite, servì dalle colonne del suo giornale ad Alfredo Biondi, parlamentare di lungo corso.
"Gli avvocati difendono il cliente a tutti i costi, compreso l'inganno e la menzogna. Ti sembrerà assurdo, ma io non ho mai accettato questa etica. E uno dei motivi della mia ammirazione per gli inglesi è che nei loro tribunali l'ho vista rifiutata. (...) Il penalista inglese, nel concertare con lui la difesa, esige dal cliente la confessione sincera. Se si persuade della sua innocenza, cerca di farla valere in forza di prove, non di cavilli. Se lo sa colpevole, esige che tale si riconosca anche di fronte al Giudice, impegnando tutta la sua abilità nel far valere le circostanze attenuanti. Il penalista che ricorre alla menzogna e al raggiro può anche vincere la causa, ma viene squalificato. Dimmi una cosa caro Biondi: questa è l'etica dei penalisti nostri? A parte il trombonismo che mi rivolta lo stomaco per motivi, se vuoi, estetici, nei processi italiani ho sempre e visto tanto più lievitare il prestigio (e le parcelle) del mattatore di turno quanto più e meglio aveva saputo mettere nel sacco la Legge e i suoi custodi con qualsiasi mezzo, anche la corruzione dei testimoni, l'adulterazione delle prove etc. In nome della comoda regola giustificazionista secondo cui, quando lo si fa per la difesa del cliente (e, aggiungo io, della parcella) tutto è lecito, anche l'imbroglio."
Pura e sacrosanta verità. Ahinoi.

venerdì 28 marzo 2008

Vergogna


Foto di the other Martin Taylor
Un termine che si è soliti sentire quando qualcuno inveisce contro qualcun'altro. Tranquilli: io non ce l'ho con nessuno, vorrei solo parlare della vergogna in quanto tale. Di un sentimento scomodo e per questo dimenticato.
Il problema è il seguente: in Italia è già abbastanza difficile trovare qualcuno capace di indegnarsi. Ma di indegnarsi sul serio. Sì, ogni tanto, quando la misura è proprio colma, qualche temerario prova ad aprire gli occhi, a guardare meglio, a criticare le cose che non vanno. Ma si tratta di esempi rarissimi.
Bene, stando così le cose, figuriamoci con quanta difficoltà si arrivi a provare vergogna per una propria colpa: nessuno è mai messo seriamente alle strette, nessuno risponde in maniera coerente, nessuno tiene ad esser chiaro e retto se ha commesso qualche malefatta. Piccola o grande che sia.
Sarà così lontano un domani in cui un Tizio o un Caio, messi con le spalle al muro dall'evidenza dei fatti, sapranno fare un passo indietro, scusarsi e provare un po' di vergogna? Quando gli omicidi, i ladri, i furbi, i disonesti saranno in grado di auto-definirsi come tali?
Credo che questo sia un altro punto da esplorare, nel buco nero dell'etica italiana. Occorre capirsi e tentare di percorrere strade nuove per migliorarsi. Altrimenti, è ovvio, un confronto su questi temi con altri paesi ci vedrà sempre sconfitti: gli altri sono capaci di fare autocritica, di scusarsi, di provare vergogna, laddove necessario. Noi no. A noi va bene così.
Al contrario, io credo sia ora di dire basta. È sin troppo tardi.

giovedì 27 marzo 2008

Elezioni / 2


Foto di PDnetwork
Seconda parte del tema "le elezioni". Svolgimento: se ieri il post era piuttosto lungo e carico di delusioni, oggi vorrei provare a cambiare pagina. A dare un respiro nuovo al ragionamento.
Basta fare un raffronto tra le due immagini, quella di ieri e quella odierna, per capire che i toni saranno altri: prima la politica vecchia, arrugginita, farraginosa, sfiancante, appiccicosa ed ora una nuova idea di vivacità, di positività e propositività.
Sento di condividere il progetto, i toni, le tematiche del PD. Così come stimo Walter Veltroni, candidato premier per il centro-sinistra.
Non è certo sostenendo un partito o un leader politico che si può pensare di risolvere tutti i problemi, però credo di ritrovarmi in quest'idea nuova di fare e vivere la politica. Con serietà. Con l'intento di essere innanzi tutto una buona guida, soprattutto sotto il profilo morale. E a tempo stesso di ricavare dal basso le istanze per migliorare il nostro paese.
Lo dicevo già diversi post fa: senza un'etica nuova, questo paese non va da nessuna parte. La politica, da par suo e allo stesso modo, senza gli uomini e le donne che fanno vivere questo malandato paese, non va da nessuna parte. Non c'è scampo: un buon paese non è tale se non è guidato da una buona politica e viceversa.
Chiaramente, essendo in fase pre-elettorale, le parole, le idee, le aspettative sul futuro si sprecano. Tutto resta superficiale ed attende la conferma che, un domani, apporteranno i fatti. Però intanto posso dire di trovarmi in sintonia con questo progetto: qualcosa di cui credo di cogliere il senso. Che mi piace, insomma. Che mi da modo di sperare in un futuro in cui, probabilmente, di problemi ne permarranno parecchi. Però intanto ci saremo liberati della politica assurda e svilente che abbiamo visto sin ora. Dubito che, dall'altra parte, gli esponenti del centro-destra possano dire le stesse cose: il capo è sempre quello, le piazzate da peracottaro sono sempre quelle, il ventaglio di promesse populiste idem. Cambia, forse, i repertorio dei colpi bassi da sferrare all'avversario.
Il momento è difficile, lo so. La legge elettorale è pessima, lo so. C'è tanto, fuori e dentro dal Parlamento, che deve cambiare. Lo so. Però almeno lasciatemi la possibilità di costruire speranze su basi un po' più solide. Tanta è la voglia di poter far qualcosa per migliorare, che ho deciso, per quel che può valere il mio apporto, di partecipare alle riunioni del circolo del PD del mio quartiere. Non avevo mai partecipato attivamente a niente. Niente che fosse al di fuori della parrocchia. Penso sia un buon segno, no?
Anche in questo caso, lascio al tempo il compito di decidere se queste speranze erano ben riposte, come spero, oppure no.

mercoledì 26 marzo 2008

Elezioni / 1


Foto di gaetans
Sono bastati pochi giorni, e in Italia molte cose sono cambiate. Avrei dovuto e potuto raccontarle in presa diretta. Ma non l'ho fatto. Tenterò ora di recuperare...
Fra tutte, ovviamente, è impossibile non citare le elezioni indette per il 13 e 14 aprile. Com'è logico che sia, un avvenimento come questo rappresenta uno snodo importante nella vita politica e sociale del nostro paese. Ed è altrettanto normale che su di esso, volenti o nolenti, si riversino attenzioni, attese, speranze, opinioni anche discordanti.
Credo di viverle anch'io in questo modo: per questo ho deciso di "spezzare" il tema in due post differenti. Uno per ripercorrere le tappe che ci hanno portato sino a qui. L'altro per tentare di guardare al futuro. Immagino già che il primo sarà un intervento in cui si mescoleranno delusione, malcontento, stanchezza. Il secondo sarà più costruttivo, speranzoso, positivo.
Sarà il tempo (e non ne servirà neppure molto) a dire quale dei due stati d'animo avrà la meglio sull'altro. Vado? Vado.
Poco più di due mesi fa il governo è caduto. Qualcuno dirà oggi che "tanto prima o poi sarebbe successo" o che "era impossibile governare in quelle condizioni". Non sono del tutto d'accordo perché personalmente ritenevo quello dell'Unione un buon progetto. Soprassediamo. Focalizziamo sul come è caduto, non tanto sul quando: il governo è caduto perché un partituncolo ha deciso di uscire dalla coalizione di centro-sinistra. Ne è uscito perché lo ha deciso il suo leader. Il suo leader ha preso questa decisione perché avevano fatto un torto a sua moglie.
A due mesi di distanza ecco i risultati: siamo andati alle elezioni perché nessuno poteva permettersi di toccare la signora Lonardo in Mastella. La sua vicenda, come s'è visto poi, si è risolta nella classica bolla di sapone ma sull'alone scivoloso della stessa c'è caduta con entrambi i piedi tutta l'Italia. Per non parlare del Clemente nazionale: scomparso dall'universo politico italiano in men che non si dica. Come una fugace stella nei cieli di San Lorenzo. Bel guadagno, eh?
Ecco dov'è lo scoramento, il dispiacere: in fondo, in questo paese, non siamo tutti uguali. Non tutti abbiamo gli stessi poteri. O quantomeno, non tutti possiamo influire come vorremmo sulla vita politica. C'è chi può permettersi il lusso di far cadere i governi, calpestare programmi e promesse, di rovesciare le speranze delle stesse persone che, col loro voto, lo hanno fatto sedere in Parlamento. È o non è un'assurdità?
Questa, per sommi capi, è la causa primaria di tutta la questione. Nel descriverla, non si sa se prevale il riso o il pianto. Ma non è finita qui, perché dopo la causa seguono gli effetti.
Far cadere un governo significa andare a nuove elezioni. Nuove elezioni significa votare con un metodo cervellotico, liberticida, desolante. L'illogicità del "Porcellum" (un nomignolo che è tutto un programma) è palese, lampante. Eppure siamo costretti a trascinarcelo, di nuovo, nell'urna. Come una pesante palla al piede dei cittadini, che non sono più in grado di vivere la cosa pubblica come dovrebbero e potrebbero fare. Liberamente. Con la propria testa. Il che è assai grave: in altri paesi, ciò non sarebbe accaduto. Ma da noi, si sa, l'assurdo e la realtà hanno svariati punti di contatto.
E poi, di nuovo, la campagna elettorale: nuovi proclami, nuove accuse, nuovi tatticismi. Anche se poi, alla fin fine, la finalità è sempre la stessa: screditare l'avversario facendo leva sull'emotività, sulle bugie, sul populismo. Almeno, per come la vedo io, tutto ciò si ode da un solo fronte di questa battaglia politica. Per fortuna non tutto gira in questo modo.
Ma questa è un'altra storia, un altro tipo di sensazione che mi suggeriscono queste settimane, in cui la tavola elettorale va man mano imbandendosi. Ne parlerò domani.

martedì 25 marzo 2008

Non saper più cosa ci piace


Foto di G e D
Come spesso mi succede, piccoli fatti o impressioni di poco conto mi portano a fare ragionamenti più ampi sulla società in cui viviamo.
Il punto di partenza è questo: il ritorno in tv del Trio. Il programma dei tre bravissimi comici si è concluso da pochi giorni fra il plauso sincero di alcuni, speranze disattese di altri, perplessità. Speranze perché l'idea era quella di riportare in auge, anche se per poche puntate, la tv di un tempo, fatta bene, con la testa. Un ottimo escamotage, così speravano gli addetti ai lavori, per coprire di ridicolo la tv spazzatura.
D'altro canto, sono sorte anche delle perplessità, per l'appunto. Perché? Perché si è trattato di un programma bello ma che "non bucava", non efficacie al cento per cento, non in linea coi tempi.
Chiusa l'introduzione ed il suo esempio, i dubbi che mi sorgono sono diversi: viviamo in una società che non sa più cosa le piace e cosa non le piace. Che non sa cosa di buono, dal passato, può portarsi nel futuro. Che fa autocritica, che si guarda indietro, che ricerca il bello andando a sfogliare le pagine della propria storia. Ma che, al contempo, pare ormai assuefatta al brutto che la ricopre.
In questa estenuante altalena fra bene e male, fra meglio e peggio, fra passato, presente e futuro non si riesce a trovare un punto di equilibrio. Col rischio, più che mai concreto, che tutto questo "non capirsi" generi immobilismo. Proprio ciò di cui meno abbiamo bisogno, ora come ora.
Come sciogliere questo dilemma?

domenica 23 marzo 2008

Costanza


Foto di mdumlao98
Sono tanti i difetti che ho. Se fra tutti dovessi sceglierne uno, direi che il più ricorrente, il più evidente, il più grave è quello di essere incostante.
Tornare a postare sul mio blog dopo quasi due mesi ne è la testimonianza lampante: ci sono
cose che mi affascinano, strade che sento di intraprendere, abitudini che sento mie, piccoli gesti che mi appassionano. Peccato che, nel giro di pochi giorni, me ne dimentichi e lasci cadere tutto a terra come se nulla fosse.
Ne son successe di cose in questi ultimi giorni. Eppure, non so neanch'io perchè, non ho avuto voglia di raccontarle. Tanti pensieri, belli alcuni e meno belli altri, si sono accavallati: peccato che non sia stato in grado di metterli in fila, di bloccarli.
Non ci voleva molto.
Bastava un po' di costanza in più.
In un giorno speciale come questo, nel giorno di Pasqua, si è soliti fare buoni propositi: direi che recuperare un po' di clemenza, di voglia di fare, di stabilità potrebbe essere un ottimo proponimento.
Spero di non tradirlo.